Home, sweet home

Alla fine devo raccontarlo, perché non se ne può fare a meno.

Il piano originale era attendere pazientemente fino a Natale, guardarsi intorno, capire. Ma troppe cose sono andate storte quest’estate, prima e dopo la nostra partenza per gli Usa, e la sensazione di sradicamento era difficile da gestire, con quasi un’ora e mezza di pendolaggio quotidiano del compagno di viaggio, e io che mi sentivo rinchiusa in prigione, in questo condominio con tutti i confort, tranne quello di fare una passeggiata fino al supermercato, o alla biblioteca o qualsiasi altro posto. Aggiungete pure che due terzi della nostra roba e’ in deposito, perché l’appartamento è si bello ma piccolo, e poi per non dover fare due traslochi in breve tempo.

Insomma alla fine il bisogno di chiamare casa questa città aspra, ed eccitante e bellissima ha avuto la meglio.

Enter Shani, la nostra splendida, simpaticissima, e perfettamente sintonizzata sulle nostre preferenze, agente immobiliare.

Abbiamo incontrato Shani per caso ad un Open House a cui eravamo entrati per curiosità, il secondo giorno che eravamo a Washington. Due giorni dopo ci mandava una lista di possibi case rispondenti ai nostri bisogni. Alcune si avvicinavano, nessuna era perfetta, e poi era presto, io gliel’ho detto, siamo qui da una settimana, non sappiamo quale zona della città ci interessa, dove vogliamo – e possiamo permetterci – di vivere.

Shani, sempre con buon umore – si, lo so che è il suo mestiere, ma lo fa davvero bene – ci ha portati ovunque: Petworth e poi Virginia, e poi di nuovo Washington, forse Le Droit Park? No meglio Shaw – anche se dobbiamo accontentarci di meno metri quadri. Siamo stati in costante agonia. Meglio avere un garage, o stare vicino alla metro?

Alla fine la scelta era fatta: una casa a Park View, molto carina, con due portici e un piccolo giardino, appena ristrutturata, un basement da affittare, come nostra abitudine ormai.

Ma Shani aveva ancora una casa da farci vedere, più grande ed un po’ più costosa (sempre nel nostro range) senza garage ma vicina alla metro, e provvista di immancabile Basement.

Immaginate un quartiere fatto di case dei primi del ‘900, ciascuna con la sua torretta, i vicini seduti sui gradini la domenica pomeriggio. Immaginate gente che passeggia i cani, un caffè con i tavolini sul bordo del marciapiede, botteghe con cibo di tutto il mondo.

Ma non immaginate un quartiere perfetto, che ancora la gentrificazione non l’ha raggiunto del tutto, e i bambini giocano ancora per strada, e non tutte le auto sono mercedes.

Immaginate piuttosto la silhouette di Capitol Hill, bianca ed inconfondibile, in fondo alla strada, ed un mercato delle pulci appena un po’ equivoco accanto al migliore mercatino biologico della città.

E pensate di fare 20 minuti a piedi e raggiungere U street, con i suoi ristoranti arredati all’ultima moda, passando da Little Ethiopia, o nell’altra direzione gli edifici moderni di vetro e acciaio del NoMa.

Se camminate un po’ di più verso Sud, o al limite prendete un pullman, potete raggiungere la Bilioteca del Congresso e da li, passeggiare sulla Mall, con i suoi edifici neoclassici o bizzarri.

Tutto questo si potrà fare dalla nostra futura casetta, arroccata con la sua torre al centro di Eckington, quartiere non troppo alla moda di Washington DC.

Ora oltre ad attendere il giorno dell’atto, altro non si può fare. Tranne forse fantasticare un po’: chi sarà il nostro primo ospite?

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