Il sindaco

Può sembrare che passi il tempo a lamentarmi, a leggere romanzetti, e a fare la turista nella nuva città. In realtà leggo ancora i giornali, nella speranza a volte vana di capire la realtà che mi circonda.

Dici poco. Washington DC, la si capisce in un attimo, no?

Mi sono abbonata al Washington Post, non sapendo da dove comiciare, e lo leggo religiosamente dalla prima all’ultima pagina, inclusi necrologi ed inserzioni, ogni giorno. Posso dire che ci sono certo più necrologi ed inserzioni che notizie.

Il primo fascicolo è lo sguardo sul mondo, seguono 5 o 6 pagine di sezione Metro, città e dintorni, poi il resto sono alberi buttati, dal punto di vista dell’informazione.

Cronaca locale, inserto week end, sport, spettacoli e quant’altro occupano ancora meno spazio della pubblicità, inclusi i coupons da ritagliare.

Non mi entusiasma, ma è il giornale che ha fatto saltare Nixon, ho un sacco di speranze per il futuro.

Comunque, se volete sapere cosa succede in città: succede che tra una settimana si vota per il sindaco.

Ah, si, c’è un sindaco a Washington, scommetto che non ci avete mai pensato, ed è più o meno la più alta carica amministrativa, ché gli abitanti del Distretto di Columbia non sono rappresentati in parlamento, Taxation without Representation, dicono le targhe delle auto, e non sono pochi i movimenti e i comitati che fanno lobby in questa direzione, ma questa è un altra storia.

Mi sono appassionata alla storia del sindaco, ovviamente. Il candidato uscente si chiama Adrian Fenty, tutti sembrano concordare che nei 4 anni della sua tenure la città è rifiorita, o meglio si è ulteriormente gentrificata, riqualificata, a seconda di come la si vede, i tassi di criminalità sono scesi, ma al contempo la popolazione nera, ancora in maggioranza, viene spinta fuori dai suoi quartieri tradizionali, per far posto a giovani professionisti che ristrutturano case vittoriane e siedono da starbuck con i loro Mac. (ehy, a parte le case vittoriane, potremmo essere noi, no?)

Anche la qualità delle scuole del distretto (un tempo in fondo alla classifica del paese) ha fatto un balzo in avanti sotto l’amministrazione Fenty.

Ma Adrian Fenty ha un brutto carattere, pare non sia una persona facile, o piacevole, non è empatico nei confronti degli elettori. E la popolazione nera è incavolata.

Enters, Vincent Gray, l’altro candidato. Finora era nel consiglio comunale. Ha un passato come rappresentante di minoranze, una moglie morta di cancro nel ’98, sa ballare. E’ più simpatico dell’avversario. Al momento è più avanti nei polls.

Se devo dire la verità, non mi è chiarissima la piattaforma di nessuno dei due candidati, posso presumere che Fenty continuerebbe a fare ciò che ha fatto, e Gray non si distanzierebbe poi molto. Scusate, un momento di qualunquismo. Ma la verità è che la città va in una direzione precisa, e non è semplice cambiarla, ammesso di volerlo. E naturalmente entrambi i candidati sono per scuole migliori, strade più sicure, maggiori opportunità di lavoro. Beh!

Quello che invece è molto interessante è la partecipazione della cittadinanza. Quasi tutti hanno un cartello in giardino, con il nome dell’uno o dell’altro candidato (a volte di entrambi, se in famiglia il voto è diviso).

Nel week end gruppi di giovani e meno giovani si incontrno sugli incroci con slogan e cartelli.

Sui giornali in città – non mi riferisco al Washington Post soltanto, ma i giornali gratuiti di quartiere, le riviste degli studenti universitari ecc, ogni mossa dei candidati è considerata nel dettaglio.

La gente si presenta ai dibattiti e fa domande. Alcuni blog sono così influenti e seguiti da far cambiare rotta ai candidati (il Washington City Paper citava questa settimana il caso di Greater Greater Washington e la costruzione della linea tramviaria di H street: Vincent Gray, prima contrario, si è poi dichiarato a favore grazie alle pressione del blog in questione).

In una città che vive di politica, nessuno può girarsi dall’altra parte.